Il sud del mondo preme alle nostre porte ed è questo il fenomeno sociale e geopolitico più importante dell’inizio di questo secolo.
L’occidente ha già cambiato e cambierà sempre più il suo tessuto sociale per via dell’arrivo di milioni di persone che giungono alla ricerca di un’esistenza migliore rispetto a quella che offre la loro terra. Questo fenomeno è inarrestabile e trasforma le nostre scuole, i nostri quartieri, le nostre città modificando la nostra società; una società ormai multietnica, cosa che non può rappresentare un problema, ma che tende a divenire un universo multiculturale, il melting pot che la sinistra ha sempre anelato come il mondo ideale, quello dove le differenze venivano cancellate dall’appartenenza all’unica e indistinta civiltà globale.
Questo fenomeno che tende a cancellare le culture e le identità dei popoli e delle comunità, dopo essere stato il sogno da realizzare per generazioni di “compagni” oggi è ripudiato dai no-global, dalla sinistra antagonista e dai partiti che al Governo rappresentano queste frange.
Questi signori, pur continuando ad immaginare un mondo senza confini, immaginano oggi un sistema mondiale nel quale ognuno conservi la propria identità culturale, le proprie tradizioni e i propri costumi.
Sembra che la sinistra abbia alla fine sposato le cause della destra e questo ci rende felici, tuttavia proprio a causa della propaganda del pensiero marxista, l’invasione ci coglie impreparati. La realtà è che non abbiamo in questa fase storica un modello culturale forte, grazie all’annientamento di ogni riferimento culturale legato alle nostre origini, operato in nome del fervore progressista che ha distrutto la nostra identità diffondendo il morbo del relativismo assoluto.
Per noi occidentali non c’è più nulla che sia certo, indiscutibile, indubbio. Tutto può essere e tutto può farsi, non ci sono limiti, anche il nostro corpo può e deve essere modificato, tutto è lecito in nome dell’unico Dio: la libertà. Il problema è che questo concetto di libertà, che assurge a parametro incondizionato di riferimento del nostro modello sociale e culturale, è, di per sé, un concetto relativo.
Ci troviamo nella paradossale situazione di avere come unico concetto assoluto di riferimento, un valore che è concettualmente relativo, essendo fondato esclusivamente sul concetto di inviolabilità della sfera di interessi altrui.
Coloro che arrivano nelle nostre città da altri paesi sono, invece, portatori di valori integrali, di costumi millenari, di bisogni assoluti come la fame e la sete, la carestia, la morte.
In questo loro sono più forti, più saldi, più focalizzati sulla realtà, hanno certezze indiscusse e necessità reali.
Arrivando nelle nostre città non diamo a questa gente alcun punto di riferimento, non dettiamo regole, non enunciamo valori, tutto è lecito, tutto si può fare, niente è precluso e anche quando qualcuno non ha comportamenti conformi con le norme dettate dalle leggi, avrà sempre un’attenuante sociale, un problema psicologico che lo porta a sbagliare, un’esimente, un giudice comprensivo e in ultima analisi, quando tutto lo condanna, avrà un indulto, perché in questa realtà anche le pene sono relative.
Quand’è così, risulta chiaro come il fenomeno immigratorio, inserito nella società delle famiglie che si sfasciano, delle droghe, dei figli agli omosessuali, della prostituzione per le strade, diventa una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere per qualunque pretesto. Diventa difficile stabilire anche quanto arretrata possa essere una società dove le donne sono ridotte in schiavitù rispetto ad un’altra dove sono oggetti sessuali, dove ai ladri vengono amputate le mani rispetto ad una dove non vengono perseguiti, una società nella quale si uccide in nome di Dio rispetto ad una nella quale l’unico Dio è il denaro.
Stabiliamo allora quali debbano essere i valori di riferimento, assumiamo modelli di comportamento sani, trasmettiamo esempi di condotta da seguire, eliminiamo dalle reti televisive pubbliche programmi che fanno leva sui sentimenti più deteriori della gente, stabiliamo codici etici severi per la politica, non propagandiamo atteggiamenti volgari come costumi dei tempi moderni, non abusiamo del corpo femminile come richiamo per i consumi.
C’è bisogno di riportare l’ordine in casa nostra per essere pronti ad accogliere chi ci fa visita e a spiegare loro quali sono le nostre regole, c’è bisogno di rigore, di sobrietà.
Necessitiamo di sgombrare il campo da equivoci pretestuosi, ad esempio ritengo assurdo che sia oggi molto difficile adoperare un termine come “disciplina”, al di fuori di contesti sportivi, avendo tale vocabolo un’accezione ormai negativa, soprattutto per i giovani. La disciplina dovrebbe identificare, invece, l’unico mezzo per raggiungere i risultati che ciascuno si prefigge, mentre sono falsi e fuorvianti i modelli che mostrano persone che raggiungono il successo senza sforzo.
Tutto questo non significa riportare indietro l’orologio della storia, avere dei punti di riferimento non significa certo essere beceri conservatori nemici della modernità, anzi tutt’altro. E’ importante che questo messaggio passi chiaramente affinché i più giovani non siano ostaggio del pensiero unico marxista. La modernità intesa come tendenza ad adeguarsi alla mentalità e alle esigenze dei tempi moderni non può non essere un’aspirazione legittima, ma deve essere coniugata con la razionalità e il buon senso dettato dall’esperienza.
In quest’ottica nessun progresso civile e culturale può venire da scelte dettate in assenza di un legame con la nostra matrice culturale, essere moderni non significa contrapporre il nuovo con l’antico, ma arricchire la nostra cultura con nuove esperienze, affiancare il nuovo all’antico.
Le tante sovrastrutture che l’uomo moderno ha su di sé non devono farci perdere la nostra reale essenza, impedendoci di comprendere quello che è sano da ciò che invece è innaturale.
E’ in definitiva questa la vera sfida, cercare di riportare in chiaro quello che è stato offuscato, separare ciò che è giusto da quello che è sbagliato, evidenziare dei concetti puri moderni e non retrogradi che ristabiliscano i giusti principi da seguire, senza se e senza ma.
In una società più severa, più rigorosa, più sobria, non dovremmo aver paura di chi viene da altri mondi, saremmo noi i più forti, saremmo noi i più moderni e i più avanzati e riusciremmo a dimostrare realmente la nostra supremazia, allo stato, viceversa, mostriamo solo tutta la nostra decadenza.
G. Iannelli
lunedì 13 agosto 2007
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